Giorgio Armani racconta la sua vita: l’infanzia povera, l’arrivo nel capoluogo, il primo lavoro nel grande magazzino. E l’amore per la città che lo ha consacrato.
È un libro, pesa tre chili e mezzo e, come ha detto in una battuta Suzy Menkes, una delle più autorevoli giornaliste di moda internazionali che lo ha curato e presentato ieri a Milano, consente anche di fare gli esercizi ginnici in casa.
Gli ospiti seduti nella sala conferenze del building di via Bergognone dove Armani fa le sue sfilate hanno sorriso, così l’atmosfera da solenne è diventata meno formale e più confidenziale. Il poderoso volume porta semplicemente il nome dello stilista e vede in copertina l’immagine di quando era un bambino con gli occhi ricolorati di quell’azzurro diamantino che ancora oggi esprime acutezza e intelligenza. «Il mio naso è sempre lo stesso» ha commentato Armani facendo allusione a vecchi pettegolezzi che lo volevano ritoccato e precisando che la non autobiografia («quella la consegnerò prima del grande passo») è dedicata a due pilastri della sua vita: Sergio (Galeotti) il socio con cui ha fondato il proprio impero e con cui ha condiviso l’esistenza fino alla sua prematura scomparsa e Leo, il suo braccio destro di sempre.
Edito da Rizzoli conta 578 pagine. L’edizione cofanetto costa 130 euro mentre quella de luxe in edizione limitata e firmata ne costa 300. Ma non porterà denaro nelle tasche di re Giorgio perché tutti i diritti d’autore saranno devoluti all’Unicef. Il gesto ha un significato profondo perché il racconto della sua vita parte proprio dall’infanzia – lo stilista è nato nel 1934 – e dai dolori che tutti i bambini come lui avevano sofferto per la guerra e le ristrettezze. «Sono nato a Piacenza sulle rive del Po», esordisce in uno dei primi capitoli Armani che giustifica questa pubblicazione con la voglia di raccontare cose cui tiene moltissimo mentre vita privata e lavoro s’intrecciano: un insieme di memorie, dichiarazioni di stile e un fitto repertorio d’immagini, alcune già note altre inedite sono la sequenza affascinante di un racconto avvincente. Una prima foto lo ritrae bambino con il fratello Sergio e la sorella Rosanna insieme all’adorata mamma Maria. Segue un’immagine dei due ragazzi con il papà Ugo, un uomo elegantissimo. In totale 180 foto a colori e 230 in bianco e nero. «Sono molto emozionato, è la prima volta che mi trovo a parlare in modo aperto del mio passato», ha detto lo stilista confessando anche le sue prime emozioni di bambino: «M’incantavano due orecchini sonori che ciondolavano dalle orecchie della mia zia Anna. Erano di rame perché allora non c’erano i soldi per l’oro, ma facevano tanta luce».
L’infanzia di Armani, fra bombardamenti e persino un ferimento a causa dell’esplosione di una bomba che lo costrinse a restare 40 giorni in ospedale, è una dura esperienza da cui lo stilista ha tratto forza ed energia oltre al coraggio di cambiare quando si è reso conto, una volta trasferitosi a Milano con la famiglia, che la facoltà di medicina frequentata per due anni alla Statale, non era la sua strada. Ha rinunciato alla carriera di medico con la precisione chirurgica che poi ha trasferito, con la caparbietà di chi non può e non deve sbagliare, nella sua moda. Così nell’avvincente romanzo della sua vita sarà fondamentale l’arrivo in una città che lo accoglie e lo incoraggia a essere se stesso. Non a caso Armani ha sempre amato Milano e ha spesso pungolato i suoi amministratori quando lo stato delle cose in città non era come si conveniva. Il suo primo lavoro fu quello del vetrinista per La Rinascente. Poi di stilista per Nino Cerruti. L’incontro con Sergio Galeotti nel 1966 farà bruciare il sacro fuoco dell’amore e della creatività. La prima collezione porta la data del 1975. Tutto il resto è storia scandita dai vari capitoli del libro: la visione del suo stile, i rapporti con i divi di Hollywood che lui non ha mai cercato ma che hanno sempre amato il suo stile, l’eccellenza e l’eleganza di una sua invenzione che ha cambiato i connotati al vestire sia della donna sia dell’uomo: la giacca destrutturata. In sala scroscia un grande applauso quando si parla dell’assenza di volgarità nella moda di Armani ma anche quando la Menkes dice: «Signor Armani lei sostiene di non sentirsi un artista. Caro Giorgio tu sicuramente conosci l’arte della moda».
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